I doni della strada
Quattro sorprese inaspettate, dal bordo della strada alla cresta dell’onda
Percorrere in bicicletta Aotearoa Nuova Zelanda si è rivelata un’esperienza ricca di sorprese. Alcune prevedibili—che la natura di questo territorio sia incantevole non è certo una novità—altre del tutto inaspettate, come il calore dei suoi abitanti o i quattro doni che in sei mesi di viaggio mi ha offerto la strada.
1° Dono: gli occhiali da sole
Li ho trovati mentre pedalavamo da Raglan in direzione Hamilton. Giacevano solitari sul bordo della banchina, un paio di occhiali da sole con stile in abbondanza, dal marchio sconosciuto e la montatura ridotta a un tripudio di graffi.
Assomiglia al modello Caledonia di Cubitts che sogno da anni. Un dieci su dieci per l’estetica e, soprattutto, per la montatura in acetato di cellulosa, un polimero ottenuto dalla cellulosa vegetale con un minor impatto ambientale rispetto all’acetato standard.
Assieme a Cubitts, altre due aziende che utilizzano materiali sostenibili per le proprie collezioni sono VADA e VIU. La prima è nota per l’acetato di cellulosa biologica, mentre la seconda per Acetate Renew, una variante dell’acetato di cellulosa realizzato con il 60% di composti di origine naturale e il 40% di materie prime riciclate.
Se hai bisogno di un paio di occhiali da sole e non vuoi passare inosservata:
Catfish e Tokio di VADA, entrambi in acetato di cellulosa biologica
The Modest di VIU, in Acetate Renew
Morgan di Cubitts, in titanio. Più durevoli di così

2° Dono: la custodia degli occhiali
Sempre mentre pedalavo, qualche settimana dopo ho trovato una custodia degli occhiali. Casualità? Purtroppo la custodia si è rivelata priva di contenuto, che ho interpretato come un segno del destino perché proteggessi il dono precedente da ulteriori ammaccature.
3° Dono: 50$
Il copione lo conoscete già, anche stavolta stavo pedalando. Non faccio in tempo a parcheggiare la bicicletta nella spiaggia deserta che, sorpresa sorpresa, ecco 50$ neozelandesi seminascoti dalla sabbia che mi sorridono. Sulla strada del ritorno li ho spesi tutti in francobolli e nelle cartoline più belle che ho scovato a Westport, dove ho trascorso il resto del pomeriggio crogiolata nella beatitudine di scrivere a dieci persone speciali. Le cartoline sono arrivate a destinazione circa due mesi più tardi e la reazione di chi le ha ricevute è stata un dono a sua volta dolce e commovente.
Dono bonus: la pazienza
Durante il mio girovagare in Aotearoa, il dono della pazienza si è rivelato difficile da accettare. Alcuni itinerari in bicicletta sono stati brutalmente estenuanti, come la strada di collegamento tra il Timber Trail e la civilizzazione.
La bellezza opulenta delle foreste umide e lo stupore che mi aveva suscitato in due giorni di pedalate si è sfumato nei 20 chilometri che connettevano la fine del Timber Trail e Taumarunui, la nostra destinazione finale. Quel giorno il sole batteva spietato su salite interminabili dalla ripidità diabolica e asfaltate con sassi grandi come i miei pugni. La frustrazione di non avanzare come immaginavo, la spossatezza fisica e l’impazienza dell’arrivo mi avevano ridotta in lacrime.

Ad un tratto ho realizzato che l’impazienza non era la migliore delle alleate. Arrivare a Taumarunui in giornata era un’opportunità, non un obbligo, come il resto del nostro viaggio. Nessuna data di consegna o rigide agende da rispettare. L’unico imperativo era goderci il piacere dell’avventura, senza soccombere all’aspettativa della performance.
La stessa sorte mi è toccata con il surf. Se la mia impazienza nei pressi di Taumarunui è esplosa per qualche ora, con il surf ribolle da tre mesi. Verso metà gennaio siamo approdati a Westport incantati dalla visione di imparare a cavalcare le onde. Sono una novellina e convivo (male) con la sgradevole consapevolezza che a questo stadio surfare è 95% frustrazione e 5% divertimento. E che essere impaziente in acqua è una garanzia per annullare quell’esigua percentuale di divertimento.
Tuttavia, dopo centinaia di ore sulla tavola, l’incoraggiamento di chi condivide le onde con me e il desiderio di progredire in un’attività che amo (e magari alzare al 10% la percentuale di divertimento), sto gradualmente accettando il dono della pazienza come un vantaggio competitivo emotivo1. Che sia cedere alla noia di aspettare un’onda adatta al mio livello o accettare la crescita lenta della mia curva di apprendimento, la pazienza è la chiave per trasformare anche le sfide più burrascose in avventure degne di essere intraprese.
Dopotutto, a volte, per andare lontano, bisogna prima rallentare.
E i tuoi doni?
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